Michele Dotti: “La sostenibilità si costruisce con i cittadini, non per i cittadini. Diffidate delle risposte semplici a problemi complessi”

(da ravennanotizie.it) Il ravennate Michele Dotti è un educatore, attivista, scrittore e divulgatore, noto per il suo impegno in ambiti come l’educazione, la sostenibilità, la cooperazione internazionale e la cittadinanza attiva. Con uno stile comunicativo accessibile, ironico e coinvolgente, Dotti ha lavorato per sensibilizzare il pubblico su temi legati all’equità sociale, all’ambiente e alla giustizia globale.

Michele nel suo lavoro è sempre stato ispirato da un profondo senso di giustizia sociale e di impegno civico, con un focus particolare su come ogni individuo possa contribuire al cambiamento. Dotti invita a vedere l’ecologia non come un problema, ma come un’opportunità per creare una società migliore. Michele promuove infatti il passaggio da un’economia lineare a una circolare, evidenziando i vantaggi economici, occupazionali e sociali.

L’intervista

Ha realizzato e condotto uno spettacolo intitolato “Questa te la potevi risparmiare”. Ce ne parla?

“Si tratta di uno spettacolo ironico e leggero ma che al contempo cerca di portare ai ragazzi una consapevolezza importante sui temi della sostenibilità in senso più ampio e dell’energia in particolare. Lo spettacolo si concentra su quattro principi vitali fondamentali che la scienza delle reti ci ha svelato negli ultimi decenni: ciclicità, diversità, interdipendenza e cooperazione. A ciascuno di essi dedico una parte dello spettacolo in maniera ironica cercando di renderlo più possibile coinvolgente per i ragazzi. Applico al teatro quello che diceva Maria Montessori: perché qualcuno dovrebbe imparare soffrendo ciò che potrebbe imparare divertendosi?
Fare lo sforzo di tradurre i contenuti in maniera leggera e ironica che però alla fine portino i ragazzi ad avere una maggiore consapevolezza. Se non impariamo ad ascoltare la natura difficilmente potremmo replicarla e quindi creare dei processi realmente sostenibili. L’approfondimento sul tema dell’energia ho cercato di ricondurlo molto vicino al vissuto quotidiano. Ho inserito nello spettacolo un quiz ispirato a quelli televisivi invitando i ragazzi a rispondere per alzata di mano alle domande con risposte multiple in modo da coinvolgerli più attivamente. Questo formato li appassiona molto e al contempo credo che li aiuti a ricordare i dati che forniamo riguardanti la nostra quotidianità. Mi riferisco a tutte quelle azioni che facciamo spesso senza chiederci esattamente “Da dove arriva l’energia? Come viene utilizzata?”; “L’energia viene usata in modo efficiente in maniera diretta e indiretta”? Spesso, purtroppo, ciascuno di noi tende a vedere solo i consumi diretti. Tuttavia il consumo di energia indiretto c’è, eccome”.

Potrebbe fare un esempio?

“Se compriamo un prodotto fuori stagione noi stiamo consumando un’enorme quantità di energia necessaria per trasportarlo da un paese lontano o per produrlo in serre riscaldate. Scegliere prodotti di stagione è un risparmio di energia enorme che spesso viene sottovalutato. Si parla spesso di mobilità ma è importante concentrarsi anche sui trasporti delle merci che superano sicuramente il nostro peso corporeo. Le nostre scelte fanno la differenza. Rifletto sempre con i ragazzi sul peso delle nostre responsabilità. Molte persone tendono a fare scaricabarile deviando la responsabilità verso le “lobby”, i “governi”, l’”Europa”…in realtà la responsabilità degli impatti energetici e climatici è la nostra ed è un elemento oggettivo.
Spesso chiedo ai ragazzi “Quanto vale il consumo del settore pubblico rispetto a quello privato sul totale del nostro territorio?” Solitamente i ragazzi rispondono 70, 80, 90%. Poi si va a scoprire che il settore pubblico consuma meno del 3%. Le scuole, le palestre, l’illuminazione pubblica, il Comune e il Municipio non arrivano neanche al 3%. Il 97% siamo noi con i nostri consumi diretti o indiretti come l’abitare, la mobilità e gli acquisti. La percezione è che le cose non cambiano perché il Governo non fa la sua, ma occorre un cambio di mentalità e un’assunzione di responsabilità”.

L’ambiente viene inteso come un problema principalmente?

“Sì. Bisognerebbe smettere di parlare di ambiente come un problema e iniziare a parlare di ecologia come un’opportunità. Se impariamo a replicare quanto avviene in natura (i principi vitali di cui parlavo prima) e impostare i nostri comportamenti e scelte sui principi che la scienza delle reti ci ha svelato potremmo avere benefici da ogni punto di vista.
Partiamo dal principio della ciclicità. Se compariamo l’occupazione delle discariche e inceneritori con quella della filiera dell’economia circolare in Italia, il rapporto è 1 a 100. L’economia circolare fornisce 100 volte più posti di lavoro. Siamo a 3000 posti tra discariche e inceneritori contro 200.000 nella filiera dell’economia circolare e c’è ancora spazio di crescita. Questo vuol dire che potrebbe arrivare a essere fino a 100 volte.
Il passaggio da un’economia lineare ad una circolare sia sulla materia, sia sull’energia genera vantaggi all’economia, alla salute e conduce maggiormente alla pace perché elimina la lotta per accaparrarsi le energie fossili”.

Tutto parte dalle persone e non piove dall’alto…

“Economia, occupazione, salute, pace e diritti. Se capiamo che la responsabilità è nostra tutto smette di essere un problema e diventa opportunità. Tutti hanno interesse a tutelare la salute, a trovare lavoro, ad avere pace e i diritti. Questo è un passaggio nella narrazione e nelle parole, ovvero iniziare a parlare di ambiente come opportunità e non come un problema. Siamo dinanzi a un bivio: o riusciamo a costruire una società che sia sostenibile da un punto di vista ambientale e quindi anche sociale, oppure se siamo “miopi” ci accorgiamo di quello che sta succedendo. Nessuno parla più di cambiamenti climatici come un qualcosa di futuribile. Un tempo si diceva “rischiamo che in un futuro”… ora invece non è più futuro, è passato. Adattamento e mitigazione sono le gambe su cui camminare. Il professore Telmo Pievani a Roma ha affermato recentemente che gli investimenti sulla prevenzione costano 20 volte di meno che i costi della gestione per la riparazione dei danni. Ogni euro investito nella prevenzione consente di risparmiarne 20 che spenderemmo. Credo che se correttamente informati non solo gli ambientalisti e gli attivisti, ma tutti sarebbero d’accordo con diverse scelte. Con la narrazione attuale sembra quasi che siano loro che frenano il cambiamento. La coscienza ecologica dovrebbe appartenere a tutti e darebbe tanti benefici alla collettività”.

Che cosa la preoccupa maggiormente nello scenario attuale?

“Mi preoccupa un immaginario collettivo tra film, serie televisive, libri e videogiochi dove il futuro è sempre apocalittico, post apocalittico o distopico. Questo è devastante perché significa dare ai ragazzi zero speranza e la sensazione che qualunque cosa si faccia sia vana. Una narrazione che crea disillusione, tanta ansia (rilevata anche a livello medico) e disperazione. Ma soprattutto il disimpegno che si tradurrà in danni. Se nessuno si impegna vengono meno anche i risultati straordinari. Negli ultimi 30-40 anni abbiamo ottenuto i più grandi progressi della storia dell’umanità dal punto di vista dei diritti e della qualità di vita. A livello globale abbiamo ridotto del 78% la povertà e del 38% il lavoro minorile, dimezzato la fame, triplicato l’accesso alle cure sanitarie. Abbiamo ottenuto dei diritti e dei progressi sul piano sociale meravigliosi però li abbiamo ottenuti con un impatto ambientale enorme. Ora la grande sfida della nostra generazione è rendere sostenibili queste conquiste. Molte persone non conoscono queste conquiste e quindi pensano che tutto non potrà che andare peggio e che non abbia senso impegnarsi. Se un’intera generazione tira i remi in barca chi produrrà ulteriori progressi?”

Che ruolo giocano i ragazzi?

“Le manifestazioni più grandi negli ultimi decenni sono state organizzate dai ragazzi, pensiamo a Fridays for Future. La loro lettura tuttavia era molto legata alla responsabilità dei governi. È giusto richiamare alle proprie responsabilità la politica però se passa l’idea che o cambiano loro oppure tutto è vano, allora accade che i ragazzi si disilludono e tirano i remi in barca. Molti attivisti hanno ripiegato. L’economia reale continua a crescere vorticosamente a livello di rinnovabili, di economia circolare, ecc. Le imprese e i cittadini sono più avanti rispetto a quello che conclude la politica internazionale ma è sempre questione di tempi. La scienza ci dice che i prossimi decenni saranno fondamentali dal punto di vista climatico. Le scelte che facciamo determineranno il futuro dei nostri figli e nipoti. Diffondere consapevolezza e accelerare le scelte nella direzione delle rinnovabili e dell’economia circolare sarebbe molto importante. Tecnologicamente è fattibile, non è utopia.”

Perché le persone preferiscono puntare il dito contro facili bersagli?

“È una dinamica che vediamo ovunque ed è l’essenza stessa della demagogia. Cercare soluzioni semplici a problemi complessi è una grande tentazione. Chi la propone per secondi fini politici o economici (spesso poco nobili) ottiene una grande risposta. Pensiamo alla elezione di Trump che è emblematica. Banalizzare i problemi li rende non reali.
Con i ragazzi spesso dico: “Nel Sahara le alluvioni sono causate dai tombini? Dalle nutrie? Dove sarebbe la cementificazione?”
È chiaro che i tombini comunque vanno puliti e che la cementificazione va fermata, ma cercare soluzioni semplici a problemi complessi crea deresponsabilizzazione. Secondo me chi si aspetta un cambiamento dall’alto resterà a bocca asciutta. Ciò che mi preoccupa sono la disillusione e il disimpegno da parte delle persone, ripeto. Ai ragazzi è importante insegnare che l’impegno può portare a dei frutti e che la vita è bella perché ci fornisce spazi di creatività. Ogni persona dovrebbe scoprire i propri talenti per poterli esprimere al servizio della società. Chi scopre sé stesso sarà felice ed utile. Chi non scopre sé stesso e i propri talenti sarà probabilmente triste e inutile”.

L’automobilismo spesso viene associato all’inquinamento. Qual è il suo pensiero in merito?

“Ripudio ogni narrazione benaltrista. I dati spesso parlano chiaro ed è importante tenerli sempre a mente. Le grandi formule automobilistiche rappresentano una percentuale molto bassa, seppur simbolica. L’importante è dare il giusto peso alle cose. La Formula E ad esempio può incuriosire per le prestazioni generate con il full-electric. Tutto non va ridotto a essere pro o contro all’auto elettrica, non siamo ultras allo stadio. L’importante è capire l’utilizzo che si fa di una tecnologia. Per le lunghe distanze e/o il trasporto pesante il bio metano può essere una soluzione. Mentre per gli spostamenti urbani l’elettrico è una buona opzione. È importante riflettere sull’utilità dei trasporti e su come effettuarli.
C’è un mosaico di tante piccole soluzioni che messe tutte assieme contribuiscono alla risoluzione del problema più ampio. Chi si propone con un’unica soluzione che risolve tutto penso dovrebbe far dubitare. Dobbiamo comporre un puzzle fatto di tanti pezzi”.

I carburanti bio sostenibili che la Formula 1 andrà ad introdurre pensa siano una “finta rivoluzione” oppure potranno aiutare il progresso?

“A livello generale i bio carburanti penso che giocheranno un ruolo. Possiamo convertire ad elettrico tutta la mobilità leggera e su distanze non ingenti. Tuttavia ci sono settori chiamati “hard to abate” (difficili da abbattere) che difficilmente riusciremo a far funzionare con l’elettrico e che invece potrebbero beneficiare dei bio carburanti. Stesso discorso vale per le industrie perché è vero che alcuni settori, penso ad esempio alle acciaierei, non possono funzionare con il fotovoltaico.
Il bio metano ha senso impiegarlo in questi settori dove produce anche un abbassamento dei costi. Non ha senso usare il gas nelle abitazioni a mio parere, mentre usare bio metano in una vetreria ha senso eccome. Nei settori dove non esiste alternativa e per i trasporti pesanti userei il bio metano.
Se lo sport come la Formula 1 può essere di stimolo a far capire che stiamo parlando di auto con ottime prestazioni e non di giocattoli, ben venga. È logico che la F1 produce un inquinamento pazzesco, ma se paragonato all’inquinamento prodotto su ampia scala è poca cosa”.

Qual è lo scopo degli Energy Days? 

“Gli Energy Days sono una bellissima iniziativa e sono onorato di parteciparvi. La sostengo e spero possano continuare perché è importante l’alfabetizzazione ecologica di tutta la città e di tutti gli attori chiamati in causa. Non possiamo delegare soli agli esperti la gestione delle energie. La mancata consapevolezza diffusa va a vanificare le migliori tecnologie e gli sforzi legati agli investimenti.
In questi anni di collaborazione con l’associazione dei Comuni Virtuosi ho imparato che le cose vanno fatte con i cittadini e non per i cittadini.”

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